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domenica 29 gennaio 2012

Storia del gioiello: dagli inizi ai giorni nostri.


L’uomo ha sempre cercato, fin dai tempi più remoti, di adornarsi con oggetti la cui rarità o la difficile reperibilità conferivano personalità, importanza e prestigio, nell’ambito di una comunità che esigeva l’istituzione di gradi gerarchici o l’attribuzione di incarichi preminenti. Sembrerà strano, ma l’uomo pensò prima ad adornarsi e poi a vestirsi. L’uomo primitivo, non conoscendo ancora i metalli, comincia ad adornarsi di piume, conchiglie, semi, denti ed ossa di animali legati insieme da fibre vegetali o raccolti in un sacchetto da appendere al collo; foravano ed incidevano materiali come zanne, corna e conchiglie, utilizzando bulini di selce o di ossidiana. Il gioielliere di quei tempi era prettamente un lapidario (tagliatore o levigatore di pietre). Tali oggetti avevano la funzione di ornamento, oltre che di amuleto per infondere coraggio nella caccia. La storia del gioiello è, quindi, la storia dell’uomo, per il quale essi rappresentano un simbolo, una forma di comunicazione, uno strumento per distinguersi. Occorre attendere fino all’Età del Bronzo per trovare l’applicazione di tecniche di lavorazione dei metalli. L’abbellire alcune parti del corpo con alcuni soggetti rispondeva anche al desiderio di proteggersi dalla malattia e dalle forze del male, vale a dire una funzione apotropaica (= funzione esorcizzante, allontana il male e gli spiriti cattivi). Si era in presenza di ornamenti che racchiudevano superstizione, bellezza, magia e potere. Con l’avvento della scrittura, o meglio, da quel periodo in cui l’uomo cerca di tradurre, con segni, immagini e poi con lettere, il messaggio fonetico, termina la fase preistorica e inizia l’interesse dell’uomo verso i minerali di origine alluvionale: l’oro. L’età dell’oro inizia 5000 anni a.C. in Egitto. Per gli egizi l’oro rappresentava la carne di Ra, dio del sole. Molti popoli iniziarono a prender dimestichezza con l’oro: i Maya e gli Incas hanno instaurato un profondo legame tra i loro dei e l’oro. L’uomo trova ben presto il desiderio di ornarsi per motivi religiosi o artistici. Il sacro, il bello e il feticcio si confondono nel gioiello. A Ur, nell’odierno Iraq, fu ritrovato un notevole corredo di importanti gioielli in oro e pietre colorate nella tomba della regina Pu-abi che visse intorno al 2500 a.C. Anche gli Egizi si dedicarono intensamente alla produzione orafa: la tomba di Tutankhamon, il giovane faraone che regnò intorno al 1300 a.C., fu ritrovata piena di oggetti preziosi e bellissimi. Gli stessi egizi inventarono il sistema della fusione a “cera persa”. Una tra le più antiche tecniche di lavorazione è quella della granulazione, iniziata 3000 anni a.C. dai Sumeri e poi sviluppata dagli Etruschi. Si tratta di ornamenti costituiti da piccolissime sfere saldate in modo invisibile sulla superficie dell’oggetto. Questi ultimi svilupparono anche altri due importanti metodi di lavorazione: sbalzo e filigrana… I Romani furono tra i primi a cercare l’oro direttamente nella roccia nelle colonie nordafricane, creando così delle vere e proprie miniere. Individuarono l’oro come un mezzo per finanziare il consolidamento dell’Impero e sostenere le spese di un esercito sempre più grande. La civiltà romana fu la prima ad utilizzare l’anello come segno di fidanzamento oltre alle funzioni di sigillo e talismano. E’ stato storicamente accertato che gli imperatori Nerva, Traiano, Adriano ed Antonino Pio si tramandarono il potere scambiandosi, in successione, un anello con diamanti. Con la caduta dell’Impero romano l’arte orafa non scomparve, anzi rifiorì e si sviluppò rispetto alle cosiddette arti maggiori come la pittura e la scultura. I raffinatissimi orafi bizantini praticavano le tecniche dello sbalzo, cesello ed incisione, intagliavano cammei, applicavano smalti ed incastonavano le pietre, ancora rozzamente sfaccettate. Importante fu l’arte glittica praticata da greci e romani la cui tecnica di lavorazione sfrutta i minerali che presentano diverse stratificazioni di diverso colore e che offrirono la possibilità di ottenere bassorilievi di grande pregio. Le superstizioni e credenze spinsero a possedere gemme che potessero assicurare poteri quasi soprannaturali. Altri oggetti fungevano da talismano. Il più celebre è il ciondolo di Carlo Magno costituito da due zaffiri cabochon trasparenti, tra i quali è stato posto un pezzetto della croce del Cristo. Fino al Medioevo possedere, e quindi indossare, ricchezze era un diritto divino solo dei monarchi. All'inizio del Medioevo si iniziarono ad utilizzare anche pietre d'imitazione, contraffatte o abilmente ricostituite. Venezia s'impose come la capitale del taglio e del commercio dei diamanti. Il grezzo, proveniente dall'India, arrivava nelle botteghe di Rialto, il centro economico della città, dove furono sviluppate nuove tecniche di lavorazione e di taglio. Durante il Medioevo erano soprattutto gli uomini ad adornarsi di gioielli come simboli di potere e ricchezza e come talismani: nel 1250 Luigi IX di Francia (San Luigi) stabilì che solo il re potesse indossare diamanti, poichè riteneva che l'unica donna degna di fare altrettanto era la vergine Maria. Nel 1283 un altro editto francese proibiva ai semplici cittadini di indossare pietre, perle, oro e argento: lo scopo era di abbattere i pagamenti per l'importazione delle gemme da altre nazioni che comportava una perdita di valuta. Nei secoli successivi se ne permise l'uso dapprima alle regine, poi all'alta aristocrazia, ma fu solo nel 1444 che una donna non nobile, Agnés Sorel, osò indossare gioielli in pubblico: un brillante rosa di cinque carati regalatole dal suo amante Carlo VII, re di Francia. E'così che la professione del gioielliere riuscì ad emergere dal vincolo che la legava alla sola produzione di oggetti sacri e di ornamenti reali. Cosimo I de'Medici riservò le botteghe di Ponte Vecchio agli orafi, ai gioiellieri e agli argentieri, dando impulso e prosperità a queste arti. Iniziarono formazioni professionali ben distinte di artisti: battiloro, tiratori, filatori, doratori, scultori, orafi. Si arriva quindi al Rinascimento: il termine indica un periodo fra il XV e il XVI secolo dove tutte le arti rifioriscono in modo straordinario. Si assiste al recupero della tradizione classica ed al rinascere di una nuova concezione nelle arti figurative in cui emerge l'azione ed il pensiero dell'uomo posto al centro dell'universo. Inizia la ricerca degli abbinamenti tra gioiello e abbigliamento dando corso ad un parallelismo di stili, gusti ed evoluzioni. La gioielleria entrò ormai affermata nel mondo dell'arte. Famosi pittori e scultori entrarono da giovani apprendisti nella bottega orafa: Donatello, Botticelli, Ghirlandaio, Brunelleschi. Si afferma la moda della parure, costituita da un completo coordinato di pezzi comprendenti collana, bracciale, orecchini, anello e altro. Uomini e donne indossavano ornamenti preziosi su mantelli, cappelli, corsetti, guanti, pellicce, stivali, else di spade. Alle volte gli abiti stessi, tempestati di perle e pietre legatein oro, diventavano un unico grande gioiello. L'oggetto più apprezzato in quel periodo era il pendente, elemento centrale di grandi collane. Altro oggetto molto in voga era l'orecchino: le acconciature dell'epoca erano orientate a scoprire le orecchie. I pendenti venivano sempre più arricchiti di gemme così da creare dei grappoli a cascata su diversi piani, chiamati GIRANDOLES con riferimento ai lampadari di Versailles. I temi ornamentali erano allegorici, religiosi, mitologici e naturalistici, gli anelli si portavano a tutte le dita delle mani. Nel XVI secolo l'uso dei bracciali si era un poco rarefatto a causa del bordo marginale della manica (solitamente in pizzo) che rendeva difficile il suo impiego, mentre si sviluppò di più nel secolo successivo grazie alle maniche con spacco che permetteva di evidenziare i polsi. Per gli uomini cominciavano ad affermarsi gli orologi da tasca tempestati di gemme e corredati da catene con pietre di vario tipo e preziosissime tabacchiere (= recipiente utilizzato per contenere il tabacco). Nel secolo XVII il veneziano Peruzzi realizza per primo il taglio brillante (58 faccette) dando al diamante maggior splendore rispetto a quello in uso detto Mazarino (32 faccette). Il linguaggio artistico immediatamente successivo al Rinascimento nasce verso l'inizio del XVII secolo e fu definito come "Barocco", un termine di origine spagnola che significa "storto" o "bizzarro". Nasce a Roma, con le sculture e le architetture di Bernini e di Borromini, ma poi si estenderà a tutta l'Europa. Così, come accadde nell'arte gotica, l'architettura influenza fortemente l'oreficeria: le tecniche di lavorazione diventano più agili, lo sbalzo viene usato maggiormente dato che le superfici diventano più ampie. Questo stile sarà documentato da due pittori fiamminghi, Rubens e Van Dyck, che lavorarono molto in Italia, dove ritrassero le donne dell'aristocrazia adornate di gioielli molto raffinati. Vi è anche un grandissimo uso di perle e se ne diffusero anche di false, fabbricate a Parigi. L'esasperazione del Barocco sfocerà, all'inizio del XVIII secolo, nel Rococo, un termine derivante dal francese "rocaille", con cui si definiva la decorazione di grotte e padiglioni in forma di conchiglia che abbondano nei giardini e nelle fontane del castello di Versailles. Il Rococo indica eleganza e raffinatezza estrema ed è caratterizzato da un ritmo curvilineo e fluente. Il suo centro di diffusione è Parigi che viene a sostituire Roma come capitale europea delle arti. Nel 1767 a parigi esistevano ben 314 gioiellieri che operavano anche con pietre false. Con l'avvento della rivoluzione l'importanza del gioiello si adeguò ai tempi, orientando la produzione verso oggetti in oro con smalto e perle, trascurando i diamanti perchè ritenuti poco "democratici". Nel 1837 si introdussero nuovi materiali e tecniche artigianali, tra queste vi è la Placcatura, ideata dall'italiano Brugnatelli, che permise di ricoprire ogni oggetto di una sottile pellicola d'oro. Furono migliorate le produzioni delle imitazioni delle gemme introducendo nuovi composti trovati da Joseph Strasser. La regina Vittoria ebbe una gran passione per i gioielli di tipo "sentimentale" che, dopo la morte del principe consorte Alberto, si trasformarono in quelli da lutto. A tal scopo fu utilizzato il giaietto (nera e compatta varietà di lignite) e lo smalto nero. Ritornò la tradizione di mettere la ciocca di capelli della persona cara nell'apposita custodia a ciondolo o a spilla. Nel 1870 la scoperta dei giacimenti diamantiferi sudafricani creò una nuova atmosfera quasi a credere che i diamanti fossero alla portata di tutti. L'inglese Cecil Rhodes regolò questa nuova marea di diamanti e fece in modo che, con la creazione della De Beers, buona parte di essa si riversi sul mercato di Londra. Le sue teorie, tendenti a monopolizzare il commercio del grezzo, furono adottate dalla famiglia Oppenheimer che è alla guida della società da quattro generazioni. Vennero create montature dove il metallo fu reso meno visibile a vantaggio delle gemme. In questo periodo Fabergè si ingrandisce a Sanpietroburgo, a Parigi Cartier inizia a svilupparsi e poi si affiancarono anche Van Cleef & Arpels, Chaumet, Mauboussin, Garrard a Londra, Tiffany a New York e Castellani a Roma. Alla fine del secolo nacque l'Art Nouveau, giudicata uno stile decadente, con motivi floreali e animali realizzati con smalti di varie cromie. L'Art Nouveau si espande in tutta Europa: fu chiamato così in Francia dal nome di un atelier di arredamento a Parigi - la Maison de l'Art Nouveau di Siegfried Bing nel 1895 - mentre a Londra prende il nome da un negozio simile aperto anni prima da Mr. Arthur Liberty in Regent Street dove ancora esiste e prospera. Ora si da molta più importanza al disegno dell'involucro con pochissime pietre, che hanno in questo modo più risalto. Simbolismo, astrattismo ed asimmetria diventano i dettami del nuovo stile. Gli interpreti principali saranno Lalique, Fouquet, Vever, Mucha, Wolfers, Tiffany. Questo stile però finirà con lo scoppio della prima Guerra Mondiale. Nota negli anni venti, l'Art Decò realizza un nuovo modo di esprimere l'arte: le linee morbide e armoniche dell'Art Nouveau  vengono sostituite da forme geometriche legate al Cubismo. Negli anni successivi non esiste più un susseguirsi di stili ma un'alternanza  di mode che offrono il gioiello chiamato "bianco" perchè realizzato in platino o in oro bianco con diamanti. Di pari passo con lo sviluppo della tecnologia, le forme si fanno più stilizzate, astratte, simmetriche, meno figurative, molto eleganti. I maggiori esponenti di questo nuovo stile erano Raymond Templier, Jean Fouquet e Jean Desprès. Intorno al 1930 Luis Boucheron ricevette da un maragià indiano sei bauli pieni di pietre preziose dal valore inestimabile: egli usò questo "tesoro" per creare una collezione con giochi cromatici, linee rette, parallele, concentriche e circolari, ispirate all'arte cubista. Nel secondo dopoguerra nacque un nuovo fenomeno chiamato Gioiello d'Artista, che impegna i maggiori pittori e scultori dell'epoca alla realizzazione di monili preziosi nei quali infondono la forza espressiva del loro linquaggio. Gioielli di questo tipo non sono da considerarsi ornamenti per il corpo, bensì "arte da indossare". Oggi la moda va alla costante ricerca del nuovo, dell'originalità e della firma. Nel produrre un gioiello si seguono due direttive: o si ha già il disegno e si devono quindi procurare le pietre ed i materiali per la sua realizzazione, oppure si hanno le pietre e si cerca la soluzione più idonea alla tipologia del materiale a disposizione. Naturalmente le grandi capitali del mondo - New York, Londra, Parigi, Mosca, Pechino, Parigi ed anche Roma e Milano - hanno il maggior numero di negozi lussuosissimi di vendita di gioielli al dettaglio. L'Italia è tra i maggiori produttori ed esportatori mondiali di gioielleria.


Tesoro di Tutankamon.

Fibula etrusca con granulazione (sec. VII a.C.)

Talismano di Carlo Magno con al centro due zaffiri
 ovali contrapposti che racchiudono un pezzo di legno della croce.
Montatura in oro.


Arte glittica: cammeo di Augusto.

Pendente in oro e smalti con diamanti, rubini e perle:
gioiello di Canning (fine XVI sec.)

Collana firmata Lalique Renè, 1890 circa.
Perle naturali da 2,90 a 3,40 mm. Montatura in oro.


Bibliografia: 
Guido Giovannini Torelli CULTURA DEL GIOIELLO La Sapienza Editrice, Roma 2007 - Per contatti: culturadelgioiello@hotmail.it
Sergio Cavagna LA STORIA DEL GIOIELLO, rassegna n.18, anno 2004/2005