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giovedì 9 febbraio 2012

Gioielli nella Storia: conoscenza, memoria, filosofia di Guido Giovannini Torelli GIAAA - ASJH


Molto spesso si sente parlare, e si legge, sulla “Storia dei Gioielli”. Personalmente ritengo più valido ed interessante raccontare non tanto la storia dei gioielli in sé e per sé quanto, piuttosto, la storia attraverso i gioielli. In questo modo si può variare la prospettiva attraverso la quale è normalmente studiato un fatto storico – l'analisi e l'interpretazione di eventi politici, militari, economici, sociali e culturali – servendoci, invece, dei gioielli attinenti a quello specifico avvenimento, a quel periodo od a quel personaggio, osservati senza limiti di spazio e di tempo, come da una mongolfiera che si libra alta nel cielo. In altre parole non si ricerca la storia del gioiello, bensì il gioiello nella storia, ovvero i fatti ed antefatti storici, economici, artistici, geopolitici e logistici che sono alla base di questo complesso settore e che formano la cultura del gioiello, ovvero quella felice fusione di conoscenza, memoria e filosofia – l’eco, insomma – irradiata da un oggetto prezioso e troppo spesso ignorata. 1

Per fare ciò bisogna anzitutto avere le idee ben chiare su che cos’è e come nasce un gioiello: a questo proposito rimandiamo ad una precedente pagina di questo stesso blog dove è stata esposta la “Teoria delle Sette Note”, ovvero i sette elementi della creazione di un gioiello. Sarà tuttavia necessario fare alcune ulteriori considerazioni. La prima è che, in teoria, i gioielli possono costituire una delle chiavi per meglio comprendere un’epoca in quanto sono legati ad un particolare momento storico ed artistico; nella realtà, invece, essi hanno una vita breve anche se è difficile comprendere come degli oggetti realizzati con gli elementi più durevoli che si trovino in natura, risultino essere fra i più effimeri. La loro caducità deriva proprio dall'intrinseco valore venale derivante da oro, diamanti e pietre preziose in essi racchiusi. Ne consegue che il frutto del lavoro spesso oscuro di minatori, tagliatori ed orafi diviene l’oggetto del desiderio di regine, imperatori, cortigiani, banchieri, mercanti, ladri e cardinali.

I gioielli sono sempre stati smontati e rimontati, venduti e ricomprati, rubati e ipotecati, persi e dimenticati; sono serviti per creare regni, finanziare guerre, corrompere uomini, blandire donne. Anche la moda è fra i loro peggiori nemici: quando passano da una generazione all’altra vengono trasformati secondo il capriccio del momento e nulla resta della loro esistenza se non una fugace menzione in un inventario od in un testamento. 2 Può sembrare una contraddizione, ma se si vuole veramente lasciare un messaggio per l’eternità, forse è meglio tracciarlo sulla carta, dipingerlo sulla tela o scolpirlo nel marmo.

La seconda importante considerazione è che le pietre, i gioielli e gli oggetti storici di cui si tratta in questo articolo, per la massima parte sono stati ideati, creati ed indossati prima dell’invenzione della luce elettrica all’inizio del 1900. Bisogna quindi cercare d’immaginarli in ambienti molto spesso vasti e delicatamente, è il caso di dire, illuminati da candele e camini.

Infine bisogna anche ricordare che tutte le pietre incastonate in un gioiello – sia quelle molto rare, belle e preziose come quelle più comuni – sono documenti ed attestazioni delle infinite meraviglie che il mondo minerale produce e l'uomo trasforma.

Di seguito elencheremo alcuni gioielli che, per dirla pomposamente, hanno “cambiato la storia”, cercando di non dimenticare mai che la storia dell'oro ha sempre seguito di pari passo la storia dell'uomo – per il quale i gioielli rappresentano un simbolo, una forma di comunicazione ed un modo di distinguersi – e spesso ne ha accompagnato e sottolineato gli avvenimenti più importanti in una sorta di affascinante meccanismo.

>>> Durante il fatidico incontro fra il conquistador spagnolo Hernàn Cortès e l'imperatore degli aztechi (o mexica) Montezuma II che ebbe luogo l'8 novembre 1519 alle porte della splendida capitale Tenochtitlàn (la futura Città del Messico), i due personaggi si scambiarono doni preziosi. 3 Cortès dette all'imperatore una rilucente collana 4 e Montezuma ricambiò con un monile composto di rare conchiglie rosse ed otto gamberi a grandezza naturale finemente lavorati in oro. Probabilmente Montezuma già immaginava come sarebbe andato a finire quell'incontro, poiché i conquistadores indossavano elmi ed armature in acciaio, avevano sciabole affilate, archibugi, piccoli cannoni, cavalli e cani mastini addestrati alla guerra, mentre gli aztechi vestivano le piume variopinte degli uccelli sacri, erano armati di asce, frecce e lance con punte di ossidiana 5 ed ancora non conoscevano l'uso della ruota. Pochi giorni dopo, infatti, Montezuma era già prigioniero di Cortès e, a giugno del 1520, era morto insieme ad altre migliaia di indios: tutto l'oro, l'argento, la giada, gli smeraldi, le perle, i gioielli rituali e qualsiasi altra cosa rara e preziosa si potesse razziare in quella terra di conquista – non dimenticando un gran numero di schiavi – sarebbe stata sollecitamente mandata al di là dell'oceano. La raffinatezza e la ricchezza dei tesori aztechi – e, successivamente, di quelli sottratti agli Incas del Perù – determinò un’evoluzione dell’uso, del gusto e delle forme degli ornamenti preziosi per tutto il resto del XVI secolo alle corti europee.

>>> Esiste un'altra collana che ha scandito i momenti più esaltanti dell'inarrestabile ascesa e la rovinosa caduta di Napoleone Bonaparte: è la “collana del Re di Roma” che, con la luminosità dei suoi splendidi e rari diamanti, ha gettato sprazzi di luce su un periodo storico pieno di colpi di scena e sui suoi maggiori protagonisti, arrivando fino ai nostri giorni.

>>> Nell'India antica i diamanti più grandi che si trovavano in quelle miniere erano destinati ai regnanti, mentre le pietre di colore rosso spettavano ai guerrieri. E' fuori di dubbio che i diamanti hanno sempre simboleggiato il potere, la ricchezza, lo sfarzo ed anche l'amore, talvolta. 6 Nel corso della storia, tuttavia, le loro vicende si sono spesso intrecciate con quelle di leggendari spinelli rossi e, non a caso, sono stati incastonati insieme sulle corone imperiali più importanti del mondo – come avvenne al cosiddetto “rubino del Principe Nero” con il Cullinan ed al “rubino Timur” con il Koh-i-noor – tenendo presente che, in molti casi, a qualcuno tornava utile confondere il costoso ma piccolo rubino con il grande e più economico spinello.

>>> Parlando di simboli, quello più diffuso e durevole nei secoli resta comunque la Croce come il segno supremo di tutta l'era cristiana. Già destinato da alcuni popoli orientali a traditori, ribelli e prigionieri di guerra, l'atroce supplizio della crocifissione cominciò ad essere praticato anche a Roma verso il il 200 a.C. per punire i rei di brigantaggio e gli schiavi rivoltosi ma non poteva essere inflitto ad un cittadino romano (civis romanus). 7 La raffigurazione stessa del Cristo crocifisso era “scandalo per i Giudei, stoltezza per i Gentili” 8 come S. Paolo scrisse nella Prima Lettera ai Corinzi (1,23) ossia scandalizzava gli Ebrei che non potevano concepire nessuna fragilità nel Messia e suscitava disprezzo nei pagani poiché la visione di Dio appeso alla croce era assurda ed irragionevole; quel supplizio, altresì, intimoriva i neofiti (chi si era appena convertito al Cristianesimo). 9 Perché la Croce diventasse il simbolo universale che tutti conosciamo, Costantino dovette concedere la libertà di culto ai cristiani con l'editto del 313 d.C. e convertirsi egli stesso nel 337 sul letto di morte. 10 Intorno al 392 Teodosio abolì la pena della croce e, nei secoli successivi, quest'icona venne così a perdere tutte le sue connotazioni più negative.

>>> Per ciò che riguarda oreficeria e gioielleria, la Croce segna la linea di separazione fra l'arte sacra e quella profana, così come fu stabilito nel codice di Giustiniano redatto verso la metà del VI secolo. L'oreficeria sacra era, infatti, destinata al clero ed al culto e faceva parte dell’arredo liturgico: calici e vasi tempestati di pietre e paste vitree, reliquari ed ostensori preziosissimi, rilegature di vangeli in smalti policromi non potevano essere venduti né dati in pegno salvo che servissero per riscattare i prigionieri 11 o per essere fusi e donati al popolo, in qualche modo anticipando di mille anni l’istituzione dei Gioielli della Corona da parte di Francesco I, re di Francia.

>>> Il razionale (dal latino rationale, attinente alla ragione) è un elemento decorativo in materiali preziosi che ha la funzione di chiudere sul petto il piviale (dal latino pluvialis), il paramento sacro con la forma di ampio mantello a semicerchio aperto sul davanti: oggi poco usato, nell'alto Medioevo era indossato dal pontefice durante le processioni solenni in caso di pioggia. Questo gioiello liturgico affonda le sue radici nell'Ebraismo poiché nel IX-X secolo i papi si arrogavano alcune prerogative che appartenevano ai sommi sacerdoti dell’Antico Testamento, cioè insegnare la vera dottrina alla popolazione ed esserne un saggio giudice. Nel libro dell'Esodo, infatti, è scritto che il Signore dette a Mosè dettagliate istruzioni su come fabbricare il “pettorale del giudizio” con incastonate le dodici pietre preziose a rappresentazione delle dodici tribù d’Israele. Così realizzato, il pettorale avrebbe guidato il gran sacerdote 12 del tempio di Gerusalemme nei giudizi più complessi. Nella liturgia cristiana il pettorale del giudizio è diventato il razionale.

>>> La gioielleria profana si sviluppò, invece, come ornamento della persona ed era ad uso esclusivo della nobiltà: solo la famiglia imperiale ed il suo seguito immediato poteva indossare i gioielli più sfarzosi, così come solo i finimenti del cavallo dell’imperatore potevano essere adornati con abbondanza di pietre e perle. Il codice di Giustiniano, infatti, stabiliva che tutti i gioielli dovevano essere realizzati esclusivamente dagli orafi di corte ma la popolazione di Costantinopoli (l'antica Bisanzio, l'odierna Istanbul), sempre più amante del lusso e del bello, seppe ben presto ovviare a queste limitazioni e s’ingegnò a creare autonomamente in casa propria od in laboratori clandestini una gran quantità di oggetti decorativi fatti con materiali più o meno pregiati. Molto probabilmente l'ispirazione veniva dalle culture che si erano sviluppate nei territori limitrofi delle steppe eurasiatiche durante tutto il primo millennio a.C. Se è, infatti, vero che svariate culture hanno influenzato lo stile di ori e gioielli creati dai nomadi o per i nomadi, è altrettanto vero che questi, a loro volta, hanno influito sugli stili apparsi successivamente in Russia ed in Occidente, in quel perpetuo “rimescolamento” che è proprio dell’arte orafa.

>>> A prescindere dall’intrinseco valore monetario, l’oro richiama immediatamente l’attenzione per la sua luminosità e quest’attrazione è rimasta immutata e fortissima nel corso plurimillenario della storia dell’uomo. Cionondimeno, le Amazzoni – guerriere, sacerdotesse, principesse risplendenti di ori e gioielli, donne talmente vere e reali da sconfinare nella leggenda – seppero superare il limite monocromatico dell’oro aggiungendo ai loro monili colore, movimento e suono attraverso l’impiego di paste vitree e pietre colorate: le Amazzoni furono, insomma, le prime donne a creare il “gioiello totale”. Nei secoli successivi, queste ataviche caratteristiche di luce, colore e movimento ritornarono nei maestosi gioielli delle zarine russe.

Ed infine, la bellezza. Forse per farci coraggio in questo nostro mondo caotico, rumoroso ed impreciso, diciamo “... la bellezza ci salverà ...”. Sì, quella bellezza che nasce spontanea, silenziosa, sovrana al conseguimento della perfetta armonia fra calma, lusso, voluttà e conoscenza, memoria, filosofia.



1Anticamente l'allegoria della Storia (dal greco historìa, ricerca e historèin, informarsi) era raffigurata come una donna alata e maestosa che scrive su un libro appoggiato sul dorso del Padre Tempo.
2La problematica della caducità dei gioielli era ben nota al grande collezionista Guglielmo Gonzaga (1538-1587, terzo duca di Mantova) che affermò: “... le belle pitture son gemme, non facili ad esser rubate ne' ad esser mandate da questa a quella mano, come i rubini e i diamanti ...”
3Si può essere assolutamente precisi riguardo le date e gli avvenimenti della conquista del Messico da parte degli spagnoli poiché esistono dei rendiconti di prima mano – come quello redatto da Bernal Dìaz del Castillo, soldato e cronachista al seguito di Cortès – o immediatamente successivi – come quello del frate francescano Bernardino de Sahagùn. Cortès stesso informò scrupolosamente l'imperatore Carlo V attraverso cinque accuratissime Cartas de Relaciòn (lettere di relazione) spedite regolarmente fra il 1519 ed il 1525: quella che riporta l'ingresso a Tenochtitlàn ed il primo incontro con Montezuma è la seconda lettera, datata 30 ottobre 1520.
4Non è chiaro se questa collana fosse composta da perle di vetro, di zircone o di mare. In quest'ultimo caso sarebbero sicuramente state pescate nelle acque dell'isola Margarita, sulle coste del Venezuela, scoperta nel 1498 durante il terzo viaggio di Cristoforo Colombo verso quelle terre che egli ancora pensava fossero “le Indie”.
5L'ossidiana è una roccia vetrosa, quindi relativamente fragile, di origine vulcanica dal caratteristico colore nero lucido usata fin dal Neolitico per farne superfici taglienti usate come armi ed utensili.
6Il termine “diamante” deriva dal greco adàmas (invincibile) e diaphanès (trasparente) ed è molto simile in tutte le lingue europee (diamond, diamant, ecc.). Gli equivalenti sono vairam nell'antica lingua tamil dell'India meridionale e diamas in tardo latino.
7Spartaco, il gladiatore nato in Tracia, perì in battaglia mentre i seimila schiavi suoi compagni di rivolta furono crocifissi lungo la via Appia, da Capua fino a Roma, nel 71 a.C.
8Nella terminologia giudaico-cristiana, i Gentili (dal latino gentes, stranieri) erano i pagani.
9Saulo nacque a Tarso (Asia Minore, Turchia) intorno all'anno 8 d.C. da genitori ebrei, fabbricanti di tende, che beneficiavano della cittadinanza romana. Anche se non incontrò mai il Messia, si convertì al Cristianesimo, assunse il nome di Paolo e compì numerosi viaggi in cui si adoperò per propagare la nuova fede anche attraverso la diffusione di tredici Lettere che sono uno dei pilastri della dottrina. Fra le più importanti vi sono le due scritte (fra il 54 ed il 52 circa) agli abitanti della città di Corinto, un grande porto del Peloponneso che si affaccia sui mari Ionio ed Egeo. A causa del suo protratto apostolato missionario, Paolo fu martirizzato nell'anno 63 circa, ma non sulla croce come gli altri apostoli Pietro, Andrea e Filippo: poiché era cittadino romano egli fu decapitato.
10E' notissima la leggenda del sogno dell'imperatore Costantino secondo la quale, nella notte prima della battaglia decisiva contro il rivale Massenzio a Saxa Rubra (sulla riva destra del Tevere presso Ponte Milvio, il 28 ottobre 312), vide una croce portata da un angelo che gli annunziava “In hoc signo vinces” (Con questo segno vincerai). Costantino fece quindi cambiare l'effigie dell'aquila romana che appariva sui vessilli del suo esercito con quella della croce e sconfisse Massenzio che, nella ritirata, annegò nel fiume con il suo esercito.
In un'altra pia leggenda diffusasi con molte versioni in contrasto fra di loro, i simboli della Croce e della regalità sono indissolubilmente legati a significare la trascendenza della sacralità divina commista al potere terreno. Si racconta che Elena (ca. 255-335, la locandiera che fu madre di Costantino, imperatrice e poi santa) verso la fine della sua vita si sarebbe recata sul Golgota sopra Gerusalemme per cercare la Vera Croce sulla quale il corpo di Cristo era stato sacrificato. Dopo averla ritrovata insieme ai chiodi usati per trafiggerlo, Elena ne trasportò una parte a Roma (basilica di S. Croce in Gerusalemme) e fece saldare uno dei chiodi nell'elmo da combattimento del figlio Costantino. Successivamente questo stesso chiodo sarebbe andato ad ornare la parte interna della Corona Ferrea, un antichissimo diadema gemmato con il quale furono incoronati vari re d'Italia, da Berengario nell'anno 888 fino a Napoleone nel 1805. Oggi è conservata nel Duomo di Monza.
Gli episodi del sogno e della vittoria di Costantino così come quello dell'Invenzione (dal latino inventus, ritrovamento) della Vera Croce, appaiono nel monumentale affresco eseguito da Piero della Francesca nella Cappella Bacci della Basilica di S. Francesco ad Arezzo verso la metà del XV secolo.
11A questo proposito è opportuno ricordare che nel 1527 papa Clemente VII de' Medici fece fondere molte delle tiare e dei gioielli papali per raccogliere i 400.000 ducati chiesti come riscatto dall'imperatore Carlo V che aveva invaso Roma, ossia circa 1400 chilogrammi d'oro fino poiché un ducato pesava 3,5 grammi. L'episodio è ricordato sia nella Vita (libro I, capp. 38 e 39) sia nel Trattato dell'Oreficeria (cap. 21) di Benvenuto Cellini, l'orafo che aveva materialmente eseguito la fusione.
12E' detto cohen in ebraico.







Il materiale per questo articolo è tratto dal libro CULTURA DEL GIOIELLO di Guido Giovannini Torelli, La Sapienza Editrice, Roma 2007.


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