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giovedì 9 febbraio 2012

Gioielli nella Storia: conoscenza, memoria, filosofia di Guido Giovannini Torelli GIAAA - ASJH


Molto spesso si sente parlare, e si legge, sulla “Storia dei Gioielli”. Personalmente ritengo più valido ed interessante raccontare non tanto la storia dei gioielli in sé e per sé quanto, piuttosto, la storia attraverso i gioielli. In questo modo si può variare la prospettiva attraverso la quale è normalmente studiato un fatto storico – l'analisi e l'interpretazione di eventi politici, militari, economici, sociali e culturali – servendoci, invece, dei gioielli attinenti a quello specifico avvenimento, a quel periodo od a quel personaggio, osservati senza limiti di spazio e di tempo, come da una mongolfiera che si libra alta nel cielo. In altre parole non si ricerca la storia del gioiello, bensì il gioiello nella storia, ovvero i fatti ed antefatti storici, economici, artistici, geopolitici e logistici che sono alla base di questo complesso settore e che formano la cultura del gioiello, ovvero quella felice fusione di conoscenza, memoria e filosofia – l’eco, insomma – irradiata da un oggetto prezioso e troppo spesso ignorata. 1

Per fare ciò bisogna anzitutto avere le idee ben chiare su che cos’è e come nasce un gioiello: a questo proposito rimandiamo ad una precedente pagina di questo stesso blog dove è stata esposta la “Teoria delle Sette Note”, ovvero i sette elementi della creazione di un gioiello. Sarà tuttavia necessario fare alcune ulteriori considerazioni. La prima è che, in teoria, i gioielli possono costituire una delle chiavi per meglio comprendere un’epoca in quanto sono legati ad un particolare momento storico ed artistico; nella realtà, invece, essi hanno una vita breve anche se è difficile comprendere come degli oggetti realizzati con gli elementi più durevoli che si trovino in natura, risultino essere fra i più effimeri. La loro caducità deriva proprio dall'intrinseco valore venale derivante da oro, diamanti e pietre preziose in essi racchiusi. Ne consegue che il frutto del lavoro spesso oscuro di minatori, tagliatori ed orafi diviene l’oggetto del desiderio di regine, imperatori, cortigiani, banchieri, mercanti, ladri e cardinali.

I gioielli sono sempre stati smontati e rimontati, venduti e ricomprati, rubati e ipotecati, persi e dimenticati; sono serviti per creare regni, finanziare guerre, corrompere uomini, blandire donne. Anche la moda è fra i loro peggiori nemici: quando passano da una generazione all’altra vengono trasformati secondo il capriccio del momento e nulla resta della loro esistenza se non una fugace menzione in un inventario od in un testamento. 2 Può sembrare una contraddizione, ma se si vuole veramente lasciare un messaggio per l’eternità, forse è meglio tracciarlo sulla carta, dipingerlo sulla tela o scolpirlo nel marmo.

La seconda importante considerazione è che le pietre, i gioielli e gli oggetti storici di cui si tratta in questo articolo, per la massima parte sono stati ideati, creati ed indossati prima dell’invenzione della luce elettrica all’inizio del 1900. Bisogna quindi cercare d’immaginarli in ambienti molto spesso vasti e delicatamente, è il caso di dire, illuminati da candele e camini.

Infine bisogna anche ricordare che tutte le pietre incastonate in un gioiello – sia quelle molto rare, belle e preziose come quelle più comuni – sono documenti ed attestazioni delle infinite meraviglie che il mondo minerale produce e l'uomo trasforma.

Di seguito elencheremo alcuni gioielli che, per dirla pomposamente, hanno “cambiato la storia”, cercando di non dimenticare mai che la storia dell'oro ha sempre seguito di pari passo la storia dell'uomo – per il quale i gioielli rappresentano un simbolo, una forma di comunicazione ed un modo di distinguersi – e spesso ne ha accompagnato e sottolineato gli avvenimenti più importanti in una sorta di affascinante meccanismo.

>>> Durante il fatidico incontro fra il conquistador spagnolo Hernàn Cortès e l'imperatore degli aztechi (o mexica) Montezuma II che ebbe luogo l'8 novembre 1519 alle porte della splendida capitale Tenochtitlàn (la futura Città del Messico), i due personaggi si scambiarono doni preziosi. 3 Cortès dette all'imperatore una rilucente collana 4 e Montezuma ricambiò con un monile composto di rare conchiglie rosse ed otto gamberi a grandezza naturale finemente lavorati in oro. Probabilmente Montezuma già immaginava come sarebbe andato a finire quell'incontro, poiché i conquistadores indossavano elmi ed armature in acciaio, avevano sciabole affilate, archibugi, piccoli cannoni, cavalli e cani mastini addestrati alla guerra, mentre gli aztechi vestivano le piume variopinte degli uccelli sacri, erano armati di asce, frecce e lance con punte di ossidiana 5 ed ancora non conoscevano l'uso della ruota. Pochi giorni dopo, infatti, Montezuma era già prigioniero di Cortès e, a giugno del 1520, era morto insieme ad altre migliaia di indios: tutto l'oro, l'argento, la giada, gli smeraldi, le perle, i gioielli rituali e qualsiasi altra cosa rara e preziosa si potesse razziare in quella terra di conquista – non dimenticando un gran numero di schiavi – sarebbe stata sollecitamente mandata al di là dell'oceano. La raffinatezza e la ricchezza dei tesori aztechi – e, successivamente, di quelli sottratti agli Incas del Perù – determinò un’evoluzione dell’uso, del gusto e delle forme degli ornamenti preziosi per tutto il resto del XVI secolo alle corti europee.

>>> Esiste un'altra collana che ha scandito i momenti più esaltanti dell'inarrestabile ascesa e la rovinosa caduta di Napoleone Bonaparte: è la “collana del Re di Roma” che, con la luminosità dei suoi splendidi e rari diamanti, ha gettato sprazzi di luce su un periodo storico pieno di colpi di scena e sui suoi maggiori protagonisti, arrivando fino ai nostri giorni.

>>> Nell'India antica i diamanti più grandi che si trovavano in quelle miniere erano destinati ai regnanti, mentre le pietre di colore rosso spettavano ai guerrieri. E' fuori di dubbio che i diamanti hanno sempre simboleggiato il potere, la ricchezza, lo sfarzo ed anche l'amore, talvolta. 6 Nel corso della storia, tuttavia, le loro vicende si sono spesso intrecciate con quelle di leggendari spinelli rossi e, non a caso, sono stati incastonati insieme sulle corone imperiali più importanti del mondo – come avvenne al cosiddetto “rubino del Principe Nero” con il Cullinan ed al “rubino Timur” con il Koh-i-noor – tenendo presente che, in molti casi, a qualcuno tornava utile confondere il costoso ma piccolo rubino con il grande e più economico spinello.

>>> Parlando di simboli, quello più diffuso e durevole nei secoli resta comunque la Croce come il segno supremo di tutta l'era cristiana. Già destinato da alcuni popoli orientali a traditori, ribelli e prigionieri di guerra, l'atroce supplizio della crocifissione cominciò ad essere praticato anche a Roma verso il il 200 a.C. per punire i rei di brigantaggio e gli schiavi rivoltosi ma non poteva essere inflitto ad un cittadino romano (civis romanus). 7 La raffigurazione stessa del Cristo crocifisso era “scandalo per i Giudei, stoltezza per i Gentili” 8 come S. Paolo scrisse nella Prima Lettera ai Corinzi (1,23) ossia scandalizzava gli Ebrei che non potevano concepire nessuna fragilità nel Messia e suscitava disprezzo nei pagani poiché la visione di Dio appeso alla croce era assurda ed irragionevole; quel supplizio, altresì, intimoriva i neofiti (chi si era appena convertito al Cristianesimo). 9 Perché la Croce diventasse il simbolo universale che tutti conosciamo, Costantino dovette concedere la libertà di culto ai cristiani con l'editto del 313 d.C. e convertirsi egli stesso nel 337 sul letto di morte. 10 Intorno al 392 Teodosio abolì la pena della croce e, nei secoli successivi, quest'icona venne così a perdere tutte le sue connotazioni più negative.

>>> Per ciò che riguarda oreficeria e gioielleria, la Croce segna la linea di separazione fra l'arte sacra e quella profana, così come fu stabilito nel codice di Giustiniano redatto verso la metà del VI secolo. L'oreficeria sacra era, infatti, destinata al clero ed al culto e faceva parte dell’arredo liturgico: calici e vasi tempestati di pietre e paste vitree, reliquari ed ostensori preziosissimi, rilegature di vangeli in smalti policromi non potevano essere venduti né dati in pegno salvo che servissero per riscattare i prigionieri 11 o per essere fusi e donati al popolo, in qualche modo anticipando di mille anni l’istituzione dei Gioielli della Corona da parte di Francesco I, re di Francia.

>>> Il razionale (dal latino rationale, attinente alla ragione) è un elemento decorativo in materiali preziosi che ha la funzione di chiudere sul petto il piviale (dal latino pluvialis), il paramento sacro con la forma di ampio mantello a semicerchio aperto sul davanti: oggi poco usato, nell'alto Medioevo era indossato dal pontefice durante le processioni solenni in caso di pioggia. Questo gioiello liturgico affonda le sue radici nell'Ebraismo poiché nel IX-X secolo i papi si arrogavano alcune prerogative che appartenevano ai sommi sacerdoti dell’Antico Testamento, cioè insegnare la vera dottrina alla popolazione ed esserne un saggio giudice. Nel libro dell'Esodo, infatti, è scritto che il Signore dette a Mosè dettagliate istruzioni su come fabbricare il “pettorale del giudizio” con incastonate le dodici pietre preziose a rappresentazione delle dodici tribù d’Israele. Così realizzato, il pettorale avrebbe guidato il gran sacerdote 12 del tempio di Gerusalemme nei giudizi più complessi. Nella liturgia cristiana il pettorale del giudizio è diventato il razionale.

>>> La gioielleria profana si sviluppò, invece, come ornamento della persona ed era ad uso esclusivo della nobiltà: solo la famiglia imperiale ed il suo seguito immediato poteva indossare i gioielli più sfarzosi, così come solo i finimenti del cavallo dell’imperatore potevano essere adornati con abbondanza di pietre e perle. Il codice di Giustiniano, infatti, stabiliva che tutti i gioielli dovevano essere realizzati esclusivamente dagli orafi di corte ma la popolazione di Costantinopoli (l'antica Bisanzio, l'odierna Istanbul), sempre più amante del lusso e del bello, seppe ben presto ovviare a queste limitazioni e s’ingegnò a creare autonomamente in casa propria od in laboratori clandestini una gran quantità di oggetti decorativi fatti con materiali più o meno pregiati. Molto probabilmente l'ispirazione veniva dalle culture che si erano sviluppate nei territori limitrofi delle steppe eurasiatiche durante tutto il primo millennio a.C. Se è, infatti, vero che svariate culture hanno influenzato lo stile di ori e gioielli creati dai nomadi o per i nomadi, è altrettanto vero che questi, a loro volta, hanno influito sugli stili apparsi successivamente in Russia ed in Occidente, in quel perpetuo “rimescolamento” che è proprio dell’arte orafa.

>>> A prescindere dall’intrinseco valore monetario, l’oro richiama immediatamente l’attenzione per la sua luminosità e quest’attrazione è rimasta immutata e fortissima nel corso plurimillenario della storia dell’uomo. Cionondimeno, le Amazzoni – guerriere, sacerdotesse, principesse risplendenti di ori e gioielli, donne talmente vere e reali da sconfinare nella leggenda – seppero superare il limite monocromatico dell’oro aggiungendo ai loro monili colore, movimento e suono attraverso l’impiego di paste vitree e pietre colorate: le Amazzoni furono, insomma, le prime donne a creare il “gioiello totale”. Nei secoli successivi, queste ataviche caratteristiche di luce, colore e movimento ritornarono nei maestosi gioielli delle zarine russe.

Ed infine, la bellezza. Forse per farci coraggio in questo nostro mondo caotico, rumoroso ed impreciso, diciamo “... la bellezza ci salverà ...”. Sì, quella bellezza che nasce spontanea, silenziosa, sovrana al conseguimento della perfetta armonia fra calma, lusso, voluttà e conoscenza, memoria, filosofia.



1Anticamente l'allegoria della Storia (dal greco historìa, ricerca e historèin, informarsi) era raffigurata come una donna alata e maestosa che scrive su un libro appoggiato sul dorso del Padre Tempo.
2La problematica della caducità dei gioielli era ben nota al grande collezionista Guglielmo Gonzaga (1538-1587, terzo duca di Mantova) che affermò: “... le belle pitture son gemme, non facili ad esser rubate ne' ad esser mandate da questa a quella mano, come i rubini e i diamanti ...”
3Si può essere assolutamente precisi riguardo le date e gli avvenimenti della conquista del Messico da parte degli spagnoli poiché esistono dei rendiconti di prima mano – come quello redatto da Bernal Dìaz del Castillo, soldato e cronachista al seguito di Cortès – o immediatamente successivi – come quello del frate francescano Bernardino de Sahagùn. Cortès stesso informò scrupolosamente l'imperatore Carlo V attraverso cinque accuratissime Cartas de Relaciòn (lettere di relazione) spedite regolarmente fra il 1519 ed il 1525: quella che riporta l'ingresso a Tenochtitlàn ed il primo incontro con Montezuma è la seconda lettera, datata 30 ottobre 1520.
4Non è chiaro se questa collana fosse composta da perle di vetro, di zircone o di mare. In quest'ultimo caso sarebbero sicuramente state pescate nelle acque dell'isola Margarita, sulle coste del Venezuela, scoperta nel 1498 durante il terzo viaggio di Cristoforo Colombo verso quelle terre che egli ancora pensava fossero “le Indie”.
5L'ossidiana è una roccia vetrosa, quindi relativamente fragile, di origine vulcanica dal caratteristico colore nero lucido usata fin dal Neolitico per farne superfici taglienti usate come armi ed utensili.
6Il termine “diamante” deriva dal greco adàmas (invincibile) e diaphanès (trasparente) ed è molto simile in tutte le lingue europee (diamond, diamant, ecc.). Gli equivalenti sono vairam nell'antica lingua tamil dell'India meridionale e diamas in tardo latino.
7Spartaco, il gladiatore nato in Tracia, perì in battaglia mentre i seimila schiavi suoi compagni di rivolta furono crocifissi lungo la via Appia, da Capua fino a Roma, nel 71 a.C.
8Nella terminologia giudaico-cristiana, i Gentili (dal latino gentes, stranieri) erano i pagani.
9Saulo nacque a Tarso (Asia Minore, Turchia) intorno all'anno 8 d.C. da genitori ebrei, fabbricanti di tende, che beneficiavano della cittadinanza romana. Anche se non incontrò mai il Messia, si convertì al Cristianesimo, assunse il nome di Paolo e compì numerosi viaggi in cui si adoperò per propagare la nuova fede anche attraverso la diffusione di tredici Lettere che sono uno dei pilastri della dottrina. Fra le più importanti vi sono le due scritte (fra il 54 ed il 52 circa) agli abitanti della città di Corinto, un grande porto del Peloponneso che si affaccia sui mari Ionio ed Egeo. A causa del suo protratto apostolato missionario, Paolo fu martirizzato nell'anno 63 circa, ma non sulla croce come gli altri apostoli Pietro, Andrea e Filippo: poiché era cittadino romano egli fu decapitato.
10E' notissima la leggenda del sogno dell'imperatore Costantino secondo la quale, nella notte prima della battaglia decisiva contro il rivale Massenzio a Saxa Rubra (sulla riva destra del Tevere presso Ponte Milvio, il 28 ottobre 312), vide una croce portata da un angelo che gli annunziava “In hoc signo vinces” (Con questo segno vincerai). Costantino fece quindi cambiare l'effigie dell'aquila romana che appariva sui vessilli del suo esercito con quella della croce e sconfisse Massenzio che, nella ritirata, annegò nel fiume con il suo esercito.
In un'altra pia leggenda diffusasi con molte versioni in contrasto fra di loro, i simboli della Croce e della regalità sono indissolubilmente legati a significare la trascendenza della sacralità divina commista al potere terreno. Si racconta che Elena (ca. 255-335, la locandiera che fu madre di Costantino, imperatrice e poi santa) verso la fine della sua vita si sarebbe recata sul Golgota sopra Gerusalemme per cercare la Vera Croce sulla quale il corpo di Cristo era stato sacrificato. Dopo averla ritrovata insieme ai chiodi usati per trafiggerlo, Elena ne trasportò una parte a Roma (basilica di S. Croce in Gerusalemme) e fece saldare uno dei chiodi nell'elmo da combattimento del figlio Costantino. Successivamente questo stesso chiodo sarebbe andato ad ornare la parte interna della Corona Ferrea, un antichissimo diadema gemmato con il quale furono incoronati vari re d'Italia, da Berengario nell'anno 888 fino a Napoleone nel 1805. Oggi è conservata nel Duomo di Monza.
Gli episodi del sogno e della vittoria di Costantino così come quello dell'Invenzione (dal latino inventus, ritrovamento) della Vera Croce, appaiono nel monumentale affresco eseguito da Piero della Francesca nella Cappella Bacci della Basilica di S. Francesco ad Arezzo verso la metà del XV secolo.
11A questo proposito è opportuno ricordare che nel 1527 papa Clemente VII de' Medici fece fondere molte delle tiare e dei gioielli papali per raccogliere i 400.000 ducati chiesti come riscatto dall'imperatore Carlo V che aveva invaso Roma, ossia circa 1400 chilogrammi d'oro fino poiché un ducato pesava 3,5 grammi. L'episodio è ricordato sia nella Vita (libro I, capp. 38 e 39) sia nel Trattato dell'Oreficeria (cap. 21) di Benvenuto Cellini, l'orafo che aveva materialmente eseguito la fusione.
12E' detto cohen in ebraico.







Il materiale per questo articolo è tratto dal libro CULTURA DEL GIOIELLO di Guido Giovannini Torelli, La Sapienza Editrice, Roma 2007.


giovedì 2 febbraio 2012

Teoria delle "Sette Note della Gioielleria" di Guido Giovannini-Torelli.

Che cos'è e come nasce un gioiello?


Per rispondere farò un passo indietro di cinquecento anni. In una lettera scritta da Michelangelo Buonarroti all'amico Benedetto Varchi, lo scultore spiega: "Io intendo per scultura quella che si fa per forza di levare; quella che si fa per via di porre è simile alla pittura". Per Michelangelo, dunque, l'opera è già dentro il blocco di marmo, ad egli spetta solo rimuovere - levare - la pietra che la ricopre (e questo identico concetto è sempre tenuto ben presente anche da ogni tagliatore di pietre preziose). La pittura, invece, nasce con il porre gli strati di colore. In gioielleria si usano ambedue le tecniche di levare e porre; quando si taglia, si trafora o si lima una lastra d'oro per dargli la sua forma finale, si toglie materia; quando invece si giustappongono i vari elementi atti a  formare l'oggetto e s'incastonano le pietre, allora, ovviamente, si aggiunge materia.


Proseguendo nel nostro discorso, è ancora l'arte a venirci in aiuto. Nel 1920 il pittore Paul Klee elaborò una teoria sul colore che accostava i sette colori dell'arcobaleno alle sette note della musica. "Il numero sette parve buono a tutti: a conferma di ciò anche nella musica ci sono sette note..." diceva Klee ai suoi studenti della Bauhaus a Weimar.


Poichè il numero sette torna utile anche a noi, in questa sede proverò a formulare una teoria su quali possano essere le "sette note", i sette elementi, della creazione di un gioiello. Quello che segue è un diagramma in forma di piramide (quindi da leggersi dal basso verso l'alto) del quale darò una chiave di lettura molto sintetica.


SIMBOLI

Fase proiezione

FRUIBILITA'
PREZIOSITA'
MATERIALI

Fase esecuzione

DISEGNO 
RICERCA
STORIA

Fase progettazione

Nella creazione di un gioiello vi sono tre fasi principali: progettazione, esecuzione e proiezione. Nella prima fase di progettazione vi sono tre elementi che concorrono in misura uguale allo stimolo creativo: storia, ricerca e disegno.

La STORIA - sia essa economica, politica, sociologica od artistica - è il punto di partenza per qualsivoglia itinerario si voglia intraprendere. Essa va di pari passo con la RICERCA dello stile - e, susseguentemente, del mercato - per confluire nel DISEGNO come prima forma di espressione. Il disegno ha dato forma alle idee: adesso abbiamo un progetto.

Nella seconda fase, quella della esecuzione, si scelgono i MATERIALI: essi servono da supporto all'oggetto che - per diventare "gioiello" - deve avere due caratteristiche imprescindibili quali la PREZIOSITA' (ovvero il valore intrinseco) e la FRUIBILITA' (cioè la possibilità di indossare l'oggetto).

La fase proiezione è quella che investe il subconscio, i SIMBOLI verso i quali il gioiello ci porta: amore e potere, appartenenza e possesso, unicità ed eternità.

La piramide non ha termine poichè si evolve nella STORIA e ricomincia da capo, appunto come una scala musicale.


Tratto da:  "Teoria delle "Sette Note della Gioielleria", elaborata da Guido Giovannini-Torelli, ASJH GIAA, Docente di Sistemi e Tecniche del Settore Gioielleria presso l'Università di Roma La Sapienza

domenica 29 gennaio 2012

Storia del gioiello: dagli inizi ai giorni nostri.


L’uomo ha sempre cercato, fin dai tempi più remoti, di adornarsi con oggetti la cui rarità o la difficile reperibilità conferivano personalità, importanza e prestigio, nell’ambito di una comunità che esigeva l’istituzione di gradi gerarchici o l’attribuzione di incarichi preminenti. Sembrerà strano, ma l’uomo pensò prima ad adornarsi e poi a vestirsi. L’uomo primitivo, non conoscendo ancora i metalli, comincia ad adornarsi di piume, conchiglie, semi, denti ed ossa di animali legati insieme da fibre vegetali o raccolti in un sacchetto da appendere al collo; foravano ed incidevano materiali come zanne, corna e conchiglie, utilizzando bulini di selce o di ossidiana. Il gioielliere di quei tempi era prettamente un lapidario (tagliatore o levigatore di pietre). Tali oggetti avevano la funzione di ornamento, oltre che di amuleto per infondere coraggio nella caccia. La storia del gioiello è, quindi, la storia dell’uomo, per il quale essi rappresentano un simbolo, una forma di comunicazione, uno strumento per distinguersi. Occorre attendere fino all’Età del Bronzo per trovare l’applicazione di tecniche di lavorazione dei metalli. L’abbellire alcune parti del corpo con alcuni soggetti rispondeva anche al desiderio di proteggersi dalla malattia e dalle forze del male, vale a dire una funzione apotropaica (= funzione esorcizzante, allontana il male e gli spiriti cattivi). Si era in presenza di ornamenti che racchiudevano superstizione, bellezza, magia e potere. Con l’avvento della scrittura, o meglio, da quel periodo in cui l’uomo cerca di tradurre, con segni, immagini e poi con lettere, il messaggio fonetico, termina la fase preistorica e inizia l’interesse dell’uomo verso i minerali di origine alluvionale: l’oro. L’età dell’oro inizia 5000 anni a.C. in Egitto. Per gli egizi l’oro rappresentava la carne di Ra, dio del sole. Molti popoli iniziarono a prender dimestichezza con l’oro: i Maya e gli Incas hanno instaurato un profondo legame tra i loro dei e l’oro. L’uomo trova ben presto il desiderio di ornarsi per motivi religiosi o artistici. Il sacro, il bello e il feticcio si confondono nel gioiello. A Ur, nell’odierno Iraq, fu ritrovato un notevole corredo di importanti gioielli in oro e pietre colorate nella tomba della regina Pu-abi che visse intorno al 2500 a.C. Anche gli Egizi si dedicarono intensamente alla produzione orafa: la tomba di Tutankhamon, il giovane faraone che regnò intorno al 1300 a.C., fu ritrovata piena di oggetti preziosi e bellissimi. Gli stessi egizi inventarono il sistema della fusione a “cera persa”. Una tra le più antiche tecniche di lavorazione è quella della granulazione, iniziata 3000 anni a.C. dai Sumeri e poi sviluppata dagli Etruschi. Si tratta di ornamenti costituiti da piccolissime sfere saldate in modo invisibile sulla superficie dell’oggetto. Questi ultimi svilupparono anche altri due importanti metodi di lavorazione: sbalzo e filigrana… I Romani furono tra i primi a cercare l’oro direttamente nella roccia nelle colonie nordafricane, creando così delle vere e proprie miniere. Individuarono l’oro come un mezzo per finanziare il consolidamento dell’Impero e sostenere le spese di un esercito sempre più grande. La civiltà romana fu la prima ad utilizzare l’anello come segno di fidanzamento oltre alle funzioni di sigillo e talismano. E’ stato storicamente accertato che gli imperatori Nerva, Traiano, Adriano ed Antonino Pio si tramandarono il potere scambiandosi, in successione, un anello con diamanti. Con la caduta dell’Impero romano l’arte orafa non scomparve, anzi rifiorì e si sviluppò rispetto alle cosiddette arti maggiori come la pittura e la scultura. I raffinatissimi orafi bizantini praticavano le tecniche dello sbalzo, cesello ed incisione, intagliavano cammei, applicavano smalti ed incastonavano le pietre, ancora rozzamente sfaccettate. Importante fu l’arte glittica praticata da greci e romani la cui tecnica di lavorazione sfrutta i minerali che presentano diverse stratificazioni di diverso colore e che offrirono la possibilità di ottenere bassorilievi di grande pregio. Le superstizioni e credenze spinsero a possedere gemme che potessero assicurare poteri quasi soprannaturali. Altri oggetti fungevano da talismano. Il più celebre è il ciondolo di Carlo Magno costituito da due zaffiri cabochon trasparenti, tra i quali è stato posto un pezzetto della croce del Cristo. Fino al Medioevo possedere, e quindi indossare, ricchezze era un diritto divino solo dei monarchi. All'inizio del Medioevo si iniziarono ad utilizzare anche pietre d'imitazione, contraffatte o abilmente ricostituite. Venezia s'impose come la capitale del taglio e del commercio dei diamanti. Il grezzo, proveniente dall'India, arrivava nelle botteghe di Rialto, il centro economico della città, dove furono sviluppate nuove tecniche di lavorazione e di taglio. Durante il Medioevo erano soprattutto gli uomini ad adornarsi di gioielli come simboli di potere e ricchezza e come talismani: nel 1250 Luigi IX di Francia (San Luigi) stabilì che solo il re potesse indossare diamanti, poichè riteneva che l'unica donna degna di fare altrettanto era la vergine Maria. Nel 1283 un altro editto francese proibiva ai semplici cittadini di indossare pietre, perle, oro e argento: lo scopo era di abbattere i pagamenti per l'importazione delle gemme da altre nazioni che comportava una perdita di valuta. Nei secoli successivi se ne permise l'uso dapprima alle regine, poi all'alta aristocrazia, ma fu solo nel 1444 che una donna non nobile, Agnés Sorel, osò indossare gioielli in pubblico: un brillante rosa di cinque carati regalatole dal suo amante Carlo VII, re di Francia. E'così che la professione del gioielliere riuscì ad emergere dal vincolo che la legava alla sola produzione di oggetti sacri e di ornamenti reali. Cosimo I de'Medici riservò le botteghe di Ponte Vecchio agli orafi, ai gioiellieri e agli argentieri, dando impulso e prosperità a queste arti. Iniziarono formazioni professionali ben distinte di artisti: battiloro, tiratori, filatori, doratori, scultori, orafi. Si arriva quindi al Rinascimento: il termine indica un periodo fra il XV e il XVI secolo dove tutte le arti rifioriscono in modo straordinario. Si assiste al recupero della tradizione classica ed al rinascere di una nuova concezione nelle arti figurative in cui emerge l'azione ed il pensiero dell'uomo posto al centro dell'universo. Inizia la ricerca degli abbinamenti tra gioiello e abbigliamento dando corso ad un parallelismo di stili, gusti ed evoluzioni. La gioielleria entrò ormai affermata nel mondo dell'arte. Famosi pittori e scultori entrarono da giovani apprendisti nella bottega orafa: Donatello, Botticelli, Ghirlandaio, Brunelleschi. Si afferma la moda della parure, costituita da un completo coordinato di pezzi comprendenti collana, bracciale, orecchini, anello e altro. Uomini e donne indossavano ornamenti preziosi su mantelli, cappelli, corsetti, guanti, pellicce, stivali, else di spade. Alle volte gli abiti stessi, tempestati di perle e pietre legatein oro, diventavano un unico grande gioiello. L'oggetto più apprezzato in quel periodo era il pendente, elemento centrale di grandi collane. Altro oggetto molto in voga era l'orecchino: le acconciature dell'epoca erano orientate a scoprire le orecchie. I pendenti venivano sempre più arricchiti di gemme così da creare dei grappoli a cascata su diversi piani, chiamati GIRANDOLES con riferimento ai lampadari di Versailles. I temi ornamentali erano allegorici, religiosi, mitologici e naturalistici, gli anelli si portavano a tutte le dita delle mani. Nel XVI secolo l'uso dei bracciali si era un poco rarefatto a causa del bordo marginale della manica (solitamente in pizzo) che rendeva difficile il suo impiego, mentre si sviluppò di più nel secolo successivo grazie alle maniche con spacco che permetteva di evidenziare i polsi. Per gli uomini cominciavano ad affermarsi gli orologi da tasca tempestati di gemme e corredati da catene con pietre di vario tipo e preziosissime tabacchiere (= recipiente utilizzato per contenere il tabacco). Nel secolo XVII il veneziano Peruzzi realizza per primo il taglio brillante (58 faccette) dando al diamante maggior splendore rispetto a quello in uso detto Mazarino (32 faccette). Il linguaggio artistico immediatamente successivo al Rinascimento nasce verso l'inizio del XVII secolo e fu definito come "Barocco", un termine di origine spagnola che significa "storto" o "bizzarro". Nasce a Roma, con le sculture e le architetture di Bernini e di Borromini, ma poi si estenderà a tutta l'Europa. Così, come accadde nell'arte gotica, l'architettura influenza fortemente l'oreficeria: le tecniche di lavorazione diventano più agili, lo sbalzo viene usato maggiormente dato che le superfici diventano più ampie. Questo stile sarà documentato da due pittori fiamminghi, Rubens e Van Dyck, che lavorarono molto in Italia, dove ritrassero le donne dell'aristocrazia adornate di gioielli molto raffinati. Vi è anche un grandissimo uso di perle e se ne diffusero anche di false, fabbricate a Parigi. L'esasperazione del Barocco sfocerà, all'inizio del XVIII secolo, nel Rococo, un termine derivante dal francese "rocaille", con cui si definiva la decorazione di grotte e padiglioni in forma di conchiglia che abbondano nei giardini e nelle fontane del castello di Versailles. Il Rococo indica eleganza e raffinatezza estrema ed è caratterizzato da un ritmo curvilineo e fluente. Il suo centro di diffusione è Parigi che viene a sostituire Roma come capitale europea delle arti. Nel 1767 a parigi esistevano ben 314 gioiellieri che operavano anche con pietre false. Con l'avvento della rivoluzione l'importanza del gioiello si adeguò ai tempi, orientando la produzione verso oggetti in oro con smalto e perle, trascurando i diamanti perchè ritenuti poco "democratici". Nel 1837 si introdussero nuovi materiali e tecniche artigianali, tra queste vi è la Placcatura, ideata dall'italiano Brugnatelli, che permise di ricoprire ogni oggetto di una sottile pellicola d'oro. Furono migliorate le produzioni delle imitazioni delle gemme introducendo nuovi composti trovati da Joseph Strasser. La regina Vittoria ebbe una gran passione per i gioielli di tipo "sentimentale" che, dopo la morte del principe consorte Alberto, si trasformarono in quelli da lutto. A tal scopo fu utilizzato il giaietto (nera e compatta varietà di lignite) e lo smalto nero. Ritornò la tradizione di mettere la ciocca di capelli della persona cara nell'apposita custodia a ciondolo o a spilla. Nel 1870 la scoperta dei giacimenti diamantiferi sudafricani creò una nuova atmosfera quasi a credere che i diamanti fossero alla portata di tutti. L'inglese Cecil Rhodes regolò questa nuova marea di diamanti e fece in modo che, con la creazione della De Beers, buona parte di essa si riversi sul mercato di Londra. Le sue teorie, tendenti a monopolizzare il commercio del grezzo, furono adottate dalla famiglia Oppenheimer che è alla guida della società da quattro generazioni. Vennero create montature dove il metallo fu reso meno visibile a vantaggio delle gemme. In questo periodo Fabergè si ingrandisce a Sanpietroburgo, a Parigi Cartier inizia a svilupparsi e poi si affiancarono anche Van Cleef & Arpels, Chaumet, Mauboussin, Garrard a Londra, Tiffany a New York e Castellani a Roma. Alla fine del secolo nacque l'Art Nouveau, giudicata uno stile decadente, con motivi floreali e animali realizzati con smalti di varie cromie. L'Art Nouveau si espande in tutta Europa: fu chiamato così in Francia dal nome di un atelier di arredamento a Parigi - la Maison de l'Art Nouveau di Siegfried Bing nel 1895 - mentre a Londra prende il nome da un negozio simile aperto anni prima da Mr. Arthur Liberty in Regent Street dove ancora esiste e prospera. Ora si da molta più importanza al disegno dell'involucro con pochissime pietre, che hanno in questo modo più risalto. Simbolismo, astrattismo ed asimmetria diventano i dettami del nuovo stile. Gli interpreti principali saranno Lalique, Fouquet, Vever, Mucha, Wolfers, Tiffany. Questo stile però finirà con lo scoppio della prima Guerra Mondiale. Nota negli anni venti, l'Art Decò realizza un nuovo modo di esprimere l'arte: le linee morbide e armoniche dell'Art Nouveau  vengono sostituite da forme geometriche legate al Cubismo. Negli anni successivi non esiste più un susseguirsi di stili ma un'alternanza  di mode che offrono il gioiello chiamato "bianco" perchè realizzato in platino o in oro bianco con diamanti. Di pari passo con lo sviluppo della tecnologia, le forme si fanno più stilizzate, astratte, simmetriche, meno figurative, molto eleganti. I maggiori esponenti di questo nuovo stile erano Raymond Templier, Jean Fouquet e Jean Desprès. Intorno al 1930 Luis Boucheron ricevette da un maragià indiano sei bauli pieni di pietre preziose dal valore inestimabile: egli usò questo "tesoro" per creare una collezione con giochi cromatici, linee rette, parallele, concentriche e circolari, ispirate all'arte cubista. Nel secondo dopoguerra nacque un nuovo fenomeno chiamato Gioiello d'Artista, che impegna i maggiori pittori e scultori dell'epoca alla realizzazione di monili preziosi nei quali infondono la forza espressiva del loro linquaggio. Gioielli di questo tipo non sono da considerarsi ornamenti per il corpo, bensì "arte da indossare". Oggi la moda va alla costante ricerca del nuovo, dell'originalità e della firma. Nel produrre un gioiello si seguono due direttive: o si ha già il disegno e si devono quindi procurare le pietre ed i materiali per la sua realizzazione, oppure si hanno le pietre e si cerca la soluzione più idonea alla tipologia del materiale a disposizione. Naturalmente le grandi capitali del mondo - New York, Londra, Parigi, Mosca, Pechino, Parigi ed anche Roma e Milano - hanno il maggior numero di negozi lussuosissimi di vendita di gioielli al dettaglio. L'Italia è tra i maggiori produttori ed esportatori mondiali di gioielleria.


Tesoro di Tutankamon.

Fibula etrusca con granulazione (sec. VII a.C.)

Talismano di Carlo Magno con al centro due zaffiri
 ovali contrapposti che racchiudono un pezzo di legno della croce.
Montatura in oro.


Arte glittica: cammeo di Augusto.

Pendente in oro e smalti con diamanti, rubini e perle:
gioiello di Canning (fine XVI sec.)

Collana firmata Lalique Renè, 1890 circa.
Perle naturali da 2,90 a 3,40 mm. Montatura in oro.


Bibliografia: 
Guido Giovannini Torelli CULTURA DEL GIOIELLO La Sapienza Editrice, Roma 2007 - Per contatti: culturadelgioiello@hotmail.it
Sergio Cavagna LA STORIA DEL GIOIELLO, rassegna n.18, anno 2004/2005